Villa Mamurra a Gianola

    Villa Mamurra a Gianola

Sul promontorio di Gianola, nel Parco della riviera di Ulisse, tra la fitta vegetazione del luogo, si erge villa Mamurra.
Edificata, probabilmente, nel 50 a.C. per volontà di un ricco cavaliere formiano, Mamurra, da cui deriva il nome della villa, fu riscoperta solo a partire dal Settecento.
La struttura, estendendosi per parecchi metri a ridosso del mare, si presenta abbastanza ampia e complessa, con una forma ottagonale che, nel linguaggio architettonico dell'epoca, si poneva in perfetta armonia con la morfologia del luogo e della natura.
Il centro della villa era costituito dal tempio di Giano che, purtroppo, è andato distrutto durante la seconda guerra mondiale, mentre caratteristica peculiare dell'intero complesso erano i percorsi delineati dai portici con colonne costruite con laterizi di forma triangolare e una serie di terrazze collegate attraverso svariate scale.
Tra le terrazze, una, quella coperta, è nota alla tradizione col nome di "grotta della Janara" , nome che, ancora oggi nella tradizione contadina, è assimilabile al concetto di strega.
La terrazza fungeva anche da punto di collegamento tra la parte superiore della villa e una serie di vasche termali situate sul livello del mare.
La presenza anche di due cisterne è il chiaro indizio di come questa villa, come tante altre doums romane, fosse interamente incentrata sul concetto di acqua come fons vitae.
L'acqua, infatti, assumeva sia funzione benefica, attraverso le vasche termali ivi presenti, sia funzione ornamentale, attraverso le sue fontane a nicchia e, non in ultimo, funzione di approvvigionamento idrico, attraverso le cisterne prima citate.
Ad oriente si trova la cisterna  cosiddetta "maggiore" e al centro la "trentasei colonne" con più di trenta pilastri quadrati di sostegno e le cui acque alimentavano il balneum.
Riferimenti storici al ricco proprietario Mamurra si trovano in qualche carme di Catullo in cui il poeta latino, insistendo sulla sua ricchezza presente nella vasta villa, arriverà a lanciargli una mordace invettiva nel carme 29.
In tale carme, infatti, Catullo, bollando Mamurra, che era stato paefectus fabrum di Cesare nella guerra Gallica, con parole mordaci, lo accusa di aver dilapidato il patrimonio paterno e aver accumulato illecitamente le ricchezze dai paesi conquistati:
" Quis hic potest videre, quis potes pati/ nisi impudicus et vorax et aleo/ Mamurram habere quod comata Gallia/habebat ante et ultima Britannia? [...] qui hunc malum fovetis? aut quid hic potest/ nisi uncta devorare patrimonia?"
"Chi mai può vedere questo, chi può sopportare, se non un ingordo mentitore senza vergogna, che Mamurra possa avere ciò che prima fu della Gallia transalpina e della lontanissima Britannia? [..] chi può tollerare questo male? o chi può fare ciò, se non un viscido divoratore di patrimoni?".

INFO:
dal 2013 in fase di restauro.

                                                                     Dott.ssa Valeria Nerone




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